PLANET OF THE APES
  
Titolo italiano: IL PIANETA DELLE SCIMMIE
Produzione: 1968 - USA, Arthur P. Jacobs, col., 112 min.
Regia: Franklin J. Schaffner
Sceneggiatura: Michael Wilson, Rod Serling dal romanzo di Pierre Boulle
Effetti speciali: L.B. Abbott, Art Cruickshank, Emil Kosa jr.
Trucco: John Chambers
Musica: Jerry Goldsmith
Interpreti: Charlton Heston, Roddy McDowall, Maurice Evans, Kim Hunter, James Whitmore, Linda Harrison, James Daly
Oscar onorario 1968 per il trucco a John Chambers
Dopo 18 mesi di viaggio nello spazio, un'astronave precipita su un pianeta sconosciuto. A bordo si attiva automaticamente il sistema di rianimazione dallo stato di ibernazione in cui era tenuto l'equipaggio e tre sopravvissuti - due bianchi e un negro - riescono ad abbandonare la nave un attimo prima che scompaia nelle acque di un lago. Mentre vagano in un territorio apparentemente deserto, gli astronauti vengono assaliti da un'orda di scimmie a cavallo, coperte di corazze ed armate di lance e armi da fuoco. Gli uomini non possono sfuggire alla caccia spietata: il negro è ucciso, il capitano Taylor è ferito alla gola e fatto prigioniero insieme al compagno. Trasferito nella città delle scimmie, l'uomo è curato con tutte le attenzioni da Cornelius, scienziato-scimmia, secondo il quale il prigioniero confermerebbe la teoria - proibita dalla scienza ufficiale - della discendenza delle scimmie dall'uomo. Il capitano, a causa della ferita, non può parlare ma non tarda a far capire di essere intelligente guadagnandosi la simpatia di Zira, scimmia psicologa. Fuggito dalla cella nella quale si trova in compagnia di una ragazza, Taylor viene nuovamente catturato e condotto al cospetto di un tribunale chiamato a giudicare anche gli eretici Cornelius e Zira. Pur avendo recuperato la voce, l'uomo non ha modo di provare di essere ciò che dice e viene considerato niente più che una strana mutazione della popolazione umana locale. A ciò contribuisce l'atteggiamento intransigente e dogmatico del dottor Zaius, scienziato capo, custode e memoria storica del popolo delle scimmie, che conosce la verità ed è deciso ad eliminare quella che considera una grave minaccia. La condanna è la lobotomia - praticata già al suo compagno sopravvissuto - ma Taylor, con l'aiuto di Cornelius e Zira, riesce ancora a fuggire e si dirige verso la "zona proibita", quello stesso territorio inesplorato dal quale egli era venuto e nel quale è convinzione di Cornelius esistano reperti archeologici che testimonierebbero l'esistenza di una civiltà precedente. E le rovine esistono davvero: agli occhi dell'incredulo Taylor si presentano i resti di quella che un tempo era la Statua della Libertà.
Il pianeta è la Terra stessa, regredita dopo le distruzioni causate dagli uomini e adesso governata delle scimmie preoccupate di annientare per sempre gli ultimi umani sopravvissuti, esseri abbrutiti che hanno perso l'uso della parola. Il viaggio dell'astronave è durato 18 mesi, ma quel lasso di tempo è equivalente a 2000 anni terrestri. Compresa la drammatica verità il capitano Taylor si accascia e in un pianto disperato maledice la cecità umana che ha provocato la fine della civiltà.

Charlton Heston co-produce ed interpreta un film fortemente sentito e voluto. La storia si presta a considerazioni moraleggianti sulle conseguenze della cieca violenza del genere umano che non sa gestire il progresso senza autodistruggersi. La società delle scimmie è retta sui criteri di uno stato pseudo-medievale, con scienziati, giudici e guerrieri e la costante preoccupazione dei governanti è soffocare qualsiasi spinta eversiva mantenendo in schiavitù quanti restano della scomparsa civiltà degli uomini portatrice di morte.
Emblematica è la figura della scimmia sapiente che sceglie un comportamento oscurantista, negando la verità della quale essa stessa è del resto a conoscenza, per preservare dal "contagio" dell'odio la propria razza.
Vicenda amara che ribadisce l'insopprimibile contraddizione storica della violenza fisica e psicologica e che nella sequenza conclusiva ha un grande, intenso momento cinematografico giustamente celebre.

Il film guadagnò un Oscar per il trucco di John Chambers e fu candidato con altre due nomination per la colonna sonora di Jerry Goldsmith e per i costumi di di Morton Haak.
Dopo questo, il romanzo di Pierre Boulle ha ispirato ben quattro sequel:
L'altra faccia del pianeta delle scimmie (1969)
Fuga dal pianeta delle scimmie (1971)
1999: conquista della Terra (1972)
Anno 2670: ultimo atto (1973)
ed il recentissimo remake:
The Planet of the Apes (2001)
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