A CONNECTICUT YANKEE
  

Titolo italiano: UN AMERICANO ALLA CORTE DI RE ARTÙ

Produzione: 1931 - USA, FOX, b/n, 97 min.
Regia: David Butler
Sceneggiatura: Owen Davis, William Conselman dal romanzo di Mark Twain
Effetti speciali: Ralph Hammeras, Fred Sersen
Musica: Arthur Kay (non accreditato)

Interpreti: Will Rogers, William Farnum, Maureen O'Sullivan, Frank Albertson, Brandon Hurst, Myrna Loy, Mitchell Harris, Ralph W. Bell, Ward Bond (non accreditato)

Mentre lavora all'impianto radio di una coppia di eccentrici inventori, Hank Martin (Will Rogers) è catapultato nel Medioevo, presso la corte di re Artù (William Farnum). Giudicato un pericoloso stregone, sfugge alla condanna a morte e prima di tornare nel presente, sfida vittoriosamente una schiera di valorosi cavalieri e sventa una congiura di palazzo ordita dalla regina Morgan le Fay (Myrna Loy), salvando il regno e Alisande (Maureen O'Sullivan), figlia di Artù.

Nella letteratura e nella cinematografia di fantascienza il viaggio del tempo può trarre origine dalle situazioni più strane. Nella tradizione wellsiana (L'uomo che visse nel futuro) è il progresso tecnologico a renderlo possibile; nelle espressioni meno scientificamente giustificate, può essere un evento atmosferico (Fiddlers Three) o un fortuito accavallarsi di situazioni (La strana realtą di Peter Standish).
L'ingresso che conduce alla dimensione fantastica non ha, per così dire, un "numero civico" rintracciabile e riconoscibile, ma il senso dell'avventura è sempre lo stesso: un confronto (poco importa se giocato sul registro del dramma, del romanticismo o della commedia brillante) tra l'uomo moderno e il suo alter-ego del passato o del futuro; un'occasione per riflettere sui comportamenti collettivi, sui sentimenti e sul significato della vita sociale.

La prima versione sonora del celebre romanzo di Mark Twain (Tay Garnett ne ha realizzato un secondo adattamento, La Corte di Re Artù, nel 1949) è interamente al servizio di Will Rogers, l'acclamato divo che negli anni del New Deal meglio di altri sapeva dar voce alla filosofia spicciola dell'americano comune.
La presenza di comprimari affermati e di nascenti star dello schermo conferisce, oggi, al film un fascino retrospettivo che finisce con il prevalere sull'impostazione ideologica datata e in parte estranea al racconto originale. Lo Yankee di Will Rogers è, infatti, concepito dagli sceneggiatori non soltanto come esempio di self-made-man americano che sa rovesciare a proprio vantaggio situazioni avverse con la forza d'animo e dell'ingegno, ma anche come simbolo di una fede democratica incrollabile e monolitica che evita, populisticamente, di interrogarsi sulle contraddizioni interne.

In Inghilterra il film è stato distribuito con il titolo The Yankee at King Arthur's Court.
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