RED PLANET
Titolo italiano: PIANETA ROSSO
Produzione: 2000 - Australia/USA, Mars Productions/NPV Entertainment/Village Roadshow Productions, col., 106 min.
Regia: Anthony Hoffman
Sceneggiatura: Jonathan Lemkin, Channing Gibson da un soggetto di Chuck Pfarrer
Effetti speciali: Cinesite Visual Effects, Digital Domain, OCS/Freeze Frame/Pixel Magic
Musica: Graeme Revell
Interpreti: Val Kilmer, Carrie-Ann Moss, Tom Sizemore, Benjamin Bratt, Simon Baker, Terence Stamp
Nel 2050 l'uomo ha mosso i primi passi verso la colonizzazione di Marte. L' impresa si è resa necessaria a causa dell'inarrestabile degrado del pianeta Terra: la rarefazione dell'atmosfera terrestre mette in pericolo la sopravvivenza e Marte, per condizioni ambientali, sembra promettere una via di salvezza. Sul pianeta rosso sono state già allestite colture sperimentali per far attecchire alghe capaci di produrre ossigeno, ma i risultati, nel tempo, non sembrano aver coronato le aspettative. L'equipaggio di Mars 1 - cinque uomini, una donna e un robot - ha l'incarico di verificare cosa sia accaduto delle coltivazioni. L'astronave entra nell'orbita di Marte, ma un incidente altera i sistemi di controllo costringendo i cinque astronauti e il robot ad atterrare lontano dall'obiettivo prefissato. Mentre Kate Bowman resta sola a bordo di Mars 1 e tenta di creare un contatto con i compagni lontani, gli uomini vagano disperati in un paesaggio arido e desolato privi di strumentazioni scientifiche e del robot, che l'avaria ha trasformato in loro nemico. L'equipaggio scopre che l'ossigeno su Marte esiste, nonostante non vi sia traccia dei campi di alghe: il mistero si svela durante la notte, quando il suolo sembra improvvisamente prendere vita ...

Il film segue la traccia di tanto cinema di fantascienza anni '50: la voce fuori campo che introduce l'avventura, l'atterraggio di fortuna, la scoperta di una forma di vita ostile all'uomo, il salvataggio in extremis.

Avendo impostato il film su toni seriosi (all'inizio si spiegano pensosamente le origini e gli sviluppi del dramma ecologico sulla Terra), gli sceneggiatori devono bandire tutti quegli slanci di fantasia che risultino in conflitto con una descrizione del racconto quanto più obiettivamente scientifica, e riadattano, conseguentemente, il canovaccio. Ma pur animati da buone intenzioni, "forzano" la rilettura, a cominciare dai personaggi. Al comando della missione è una donna (omaggio alla Ripley di Alien ma anche ai Sette navigatori dello spazio): esperta manovratrice di pannelli digitali, come tutti i bravi comandanti (in più lei ci mette l'istinto materno e protettivo), si preoccupa dei suoi uomini e, incalzata dall'ordine di abbandonare la missione, rimane in orbita lavorando febbrilmente per salvare l'astronave e i compagni superstiti, soli sulla superficie del pianeta. Gli astronauti - individui presumibilmente selezionati e scelti per efficienza ed equilibrio superiori - sono una copia carta carbone e solo un poco più professionale dei loro colleghi di 50 anni prima: un paio, maschietti impenitenti, "ci provano" con la comandante; si lasciano andare in dialoghi banali e l'intellettuale della compagnia si compiace di elucubrazioni sul senso della vita; naturalmente, nei momenti critici, bisticciano l'uno con l'altro.
Il momento critico (dopo l'inevitabile avaria nello spazio) è dato dai pericoli del pianeta rosso. N
on osando rappresentare le insidie di Marte alla vecchia maniera con i mostri antidiluviani (ragni giganti e dinosauri provocherebbero, oggi, l'ilarità della platea), e temendo di imbarcarsi in prolisse motivazioni scientifiche, gli sceneggiatori se la cavano, più modestamente, dando vita ad un formicolante tappeto di animaletti dal voracissimo appetito (... si sono mangiate tutte le alghe e adesso vorrebbero mangiarsi pure gli incauti esploratori). E pensando, forse, che si tratta di cosa poco spettacolare, cercano di dare una scossa allo spettatore esibendo il robot che si scatena in una follia omicida (la pazzia del robot: altra tappa obbligata del genere).

I momenti migliori del film vanno cercati negli effetti speciali e nella fotografia. Le scorribande furiose del robot AMEE (Autonomous Mapping Evaluation and Evasion), realizzate con il computer, sono ottime e suggestiva è la rappresentazione (opera di Peter Suschitzky) della superficie marziana. Ma per un film dal quale ci si poteva aspettare un rilancio della fantascienza spaziale non è molto. Hoffman, regista televisivo e di spot pubblicitari, dà l'impressione di non sapere saldare insieme gli episodi che racconta, tanto che, a film finito, nella memoria dello spettatore rimane, al più, un ricordo spento e frammentario.

©