IL RONZIO DELLE MOSCHE
  
Produzione: 2003 - Italia, Istituto Luce, col., 90 min.
Regia: Dario D'Ambrosi
Sceneggiatura: Dario D'Ambrosi, Armando Pettorano
Effetti speciali: Franco Galiano
Musica: Pasquale Catalano
Interpreti: Greta Scacchi, Marco Baliani, Renzo Alessandri, Giorgio Colangeli, Raffaele Vannoli, Fiammetta Baralla, Cosimo Cinieri
Il progresso della scienza medica ha debellato per sempre le cause della follia, ma non ha potuto evitare il dilagare della noia e della più profonda depressione fra la gente. Per rimediare a questa situazione - che pur essendo funzionale al "Potere", umilia la stessa ricerca scientifica - il professor Graus e la dottoressa Natalia studiano la maniera di riaccendere nella società quella giusta dose di follia che, stimolando la creatività o acuendo le paure, restituirebbe il piacere e la consapevolezza di vivere. Catturate le ultime tre persone al mondo che accusano ancora i sintomi della pazzia, i medici si sforzano di isolarne le origini e di diffonderle tra gli uomini. L'esperimento dà risultati concreti quando le cavie, imbottite di allucinogeni e adeguatamente stimolate nei comportamenti, sono catapultate nella cornice di un'alienata quotidianità: il dottor Graus si esalta nel registrare la violenta excalation delle alterazioni mentali, ma la dottoressa Natalia comincia a ricredersi sulla liceità dei test. Mossa a pietà dalla sofferenza in cui sono stati fatti precipitare i tre uomini, decide di liberarli e di fuggire con loro per tentare di conquistare una libertà nuova, lontano dalle costrizioni imposte dal sistema e dalla fredda razionalità degli scienziati.

Forte dell'esperienza sui palcoscenici del "teatro patologico", Dario D'Ambrosi debutta sul grande schermo disegnando un quadro surreale dell'esistenza, ma profondamente radicato con l'attualità, in cui le suggestioni felliniane, viscontiane e del cinema di impegno politico si aprono con stile personalissimo a soluzioni visive di avanguardia sperimentale. Ricco di intuizioni simboliche e di annotazioni colte, il film ha la dimensione corale di un racconto poetico che lascia intravvedere la "verità" dalle crepe di un mondo chiuso e soffocato, cicatrizzato tra scenografie semiespressionistiche, sospeso e inerte tra spazio e tempo.

Il "ronzio delle mosche" non è soltanto l'ossessione che attanaglia uno dei patetici protagonisti, ma anche l'eco indefinibile e seducente di un'utopia che attende di essere riscoperta dagli uomini.

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