THOMAS EST AMOUREUX
  
Titolo italiano: THOMAS IN LOVE
Produzione: 2000 - Belgio / Francia, Entre Chien et Loup / RTBF / JBA Productions, col., 97 min.
Regia: Pierre-Paul Renders
Sceneggiatura: Philippe Blasband
Effetti speciali: Sparx
Musica: Igor Sterpin
Interpreti: Benoît Verhaert, Aylin Yay, Magali Pinglaut, Micheline Hardy, Alexandre von Sivers, Frédéric Topart, Serge Larivière, Eric Kasongo, Dominique Baeyens, Jacqueline Bollen

Afflitto da una grave forma di agorafobia, il trentaduenne Thomas vive da otto anni chiuso in casa mantenendo i contatti con l'esterno soltanto per mezzo di un computer. Il videotelefono e il collegamento on-line con l'onnipotente Assicurazione Globale gli permettono di comunicare con l'apprensiva madre, di rifornirsi di quanto ha bisogno per sopravvivere, di amministrare con sicurezza i suoi beni senza dover misurarsi con gli spazi aperti della città o confrontarsi con altre persone. Thomas non se ne accorge o non se ne cura, ma sta scivolando inesorabilmente nella paronia. Il suo psichiatra ritiene giunto il momento di tentare una terapia d'urto e, convinto che una relazione sentimentale potrebbe liberarlo dalle sue fobie, riesce ad iscriverlo ad un'agenzia per cuori solitari che fornisce anche un servizio domiciliare di assistenza sessuale per soggetti portatori di handicap. L'incontro con una ragazza in carne ed ossa procurerà non pochi traumi a Thomas che è non ha mai cercato altro se non la compagnia di compiacenti donne virtuali che vivono nel monitor, ma lo spinge infine a varcare la soglia di casa...

L'immagine conclusiva di Thomas che esce dall'abitazione non è molto rassicurante: solo, inquadrato di spalle sul monitor del computer collegato alla videocamera, l'uomo fa il suo ingresso in una realtà che ha rifiutato o finora conosciuto soltanto come rappresentazione generata dalla tecnologia digitale. Fuori dalla gabbia dorata ci può essere la salvezza o una nuova solitudine. Certamente ci sono nuove incertezze, nuovi dubbi sull'esistenza.
Un finale emblematico che, anche stilisticamente, risolve il senso di un racconto che della ripetizione, della rimodulazione, dell'eco (il nome del protagonista, "Thomas Thomas", è esso stesso un'eco) fa il luogo metaforico di una realtà oggettiva intravista, temuta, rigettata. L'intero film è costruito sulla rappresentazione del significato nascosto, spiato e registrato secondo l'ottica fredda e indifferente del monitor di Thomas: volti, bizzarramente illuminati e truccati, che scrutano dallo schermo quasi in cerca di un interlocutore, scanditi tra sequenze in movimento decise, senza logica apparente, con l'uso della telecamera mobile.

Da un punto di vista formale il film è uno spericolata esercitazione - ai limiti del virtuosismo - sulla "soggettiva". Tematicamente, è una complessa riflessione sull'ansia di vivere, sulla paura di crescere, sulle infinite prospettive estranianti della realtà virtuale.

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