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PI
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Titolo
italiano: PI - IL TEOREMA DEL DELIRIO
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Produzione:
1998
- USA, Harvest Filmworks/Plantain Films/Protozoa Pictures/Truth and Soul
Pictures, b/n, 84 min. |
Regia:
Darren Aronofsky |
Sceneggiatura:
Darren
Aronofsky, Sean Gullette, Eric Watson |
Effetti
speciali: Ariyela
Wald-Cohain, Christopher Dusendschon |
Musica:
Clint
Mansell |
Interpreti:
Sean
Gullette, Mark Margolis, Ben Shenkman, Pamela Hart, Stephen Pearlman, Samia
Shoaib, Ajay Naidu, Kristyn Mae-Anne Lao, Espher Lao Nieves, Joanne Gordon,
Lauren Fox, Stanley Herman, Clint Mansell, Tom Tumminello, Ari Handel, Oren
Sarch, Lloyd Schwartz, Richard Lifschutz, David Strahlberg, Peter Cheyenne,
David Tawil, J.C. Islander, Abraham Aronofsky, Ray Seiden, Scott Franklin,
Chris Johnson, Sal Monte |
In
un piccolo appartamento di Chinatown abita Max Cohen, geniale mente matematica,
che della matematica ha fatto una ragione di vita. Max convive con le
periodiche emicranie che non lo abbandonano da quando era bambino, con
una latente paranoia e con "Euclide", il super-computer da lui
stesso costruito. L'unico contatto con l'esterno è rappresentato
dal vecchio professor Sol, un tempo suo insegnante. Il mondo di Max è
ordinato su una logica ferrea: tutto può essere ricondotto al numero,
vero linguaggio universale e paradigma della realtà. Ogni sistema
è riconducibile ad un modello ed anche l'ambiente quotidiano, ostile
e ingannevole, può ritornare comprensibile se scomposto nella sua
essenza numerica. Max ha impostato la sua esistenza sulla filosofia del
valore trascendente del "Pi greco": chiave per decifrare il
mistero dell'uomo e della natura, il "pi greco" suggerisce il
traguardo della perfezione, l'inizio di una nuova era nella quale ogni
singolo elemento della realtà si combinerà con il tutto,
annullando il solco tra l'organico e l'inorganico, tra il pensiero e la
materia. Un'era, insomma, libera dalle paure, dalle superstizioni, dal
dolore. Max crede fermamente in tutto questo, ma il caotico mondo di fuori
è in agguato e sta per tentare una rivincita: quando il giovane
scopre una meravigliosa concatenazione di 216 numeri, emissari di sette
cabalistiche, agenti di Wall Street ed altri personaggi senza scrupoli
fanno a gara per impadronirsene. Gli uni credono che il codice significhi
il nome di Dio, gli altri che possa fornire un infallibile strumento per
prevedere l'andamento della borsa.
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Max
è ultimo solitario eroe della logica sistematica destinato a soccombere
- come il sofisticato suo compagno computer - quando le ragioni del potere
ideologico o capitalistico umiliano il limpido discorso della ricerca.
Incapace di risolvere il conflitto che il quotidiano muove al suo mondo
delle idee, Max si lobotomizza. Della sua persona non resterà altro
che un anonimo individuo, abbandonato su una panchina, con un'espressione
assente stampata sul viso.
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Il
film è un viaggio nella claustrofobia della "ragion pura".
Un viaggio che ha il sapore di un incubo in cui la realtà esteriore
appare come un contorno di elementi contingenti, tessere apparentemente
incomprensibili di una folle allucinazione collettiva.
Film complesso, dunque, risolto più sull'immagine che sul piano
narrativo, cui non è estranea, come più profonda ed emblematica
chiave di lettura, la metafora del percorso spirituale verso il conseguimento
della luce superiore, della "verità" divina o universale
che vince i limiti della prigione esistenziale nella quale è catturato
ogni individuo. In questo senso, la resa della scienza - e di Max - di
fronte al limite insuperabile della ragione, si rovescerebbe nella vittoriosa
partecipazione all'essenza della vita: una sorta di nirvana che placa
ogni dramma e azzera per sempre il traballante tessuto quotidiano e i
suoi falsi miti.
Lo stile della regia, il frenetico montaggio, l'attanagliante colonna
sonora elettronica e la bella fotografia in bianco e nero scandiscono
il dramma umano e intellettuale dell'uomo risolvendolo su un intreccio
inquietante da "non storia".
Premiato
in diverse manifestazioni, tra le quali il Sundance Film Festival del
1998.
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© |
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