THE CLAN OF THE CAVE BEAR
Titolo italiano: CRO-MAGNON ODISSEA NELLA PREISTORIA
Produzione: 1985 - USA, Warner, col., 99 min.
Regia: Michael Chapman
Sceneggiatura: John Sayles dal romanzo "Earth's Children" di Jean Marie Auel
Trucco: Michael Westmore, Michele Burke
Fotografia: Jan de Bont
Musica: Alan Silvestri
Interpreti: Daryl Hannah, Pamela Reed, James Remar, Thomas G. Waites, John Doolittle, Nicole Eggert, Paul Carafotes, Mary Reid, Salome Jens
Femminismo all'epoca in cui Cro-Magnon e Neandhertal, a detta della sceneggiatura, vivevano fianco a fianco.
Dopo un disastroso terremoto, la piccola Ayla, perduta la madre, viene raccolta e adottata da Iza, "donna della medicina"di una famiglia di uomini delle caverne che va in cerca di una nuova terra in cui stabilirsi. Crescendo, la ragazza apprende le regole della sopravvivenza e dà segni di un'intelligenza precoce e superiore che se da un lato conferma l'intuizione di Iza che ella è predestinata dagli spiriti a guidare la tribù, dall'altra le aliena le simpatie di Broud, il cacciatore, che aspira un giorno a diventare capo.

Ayla, ragazza bionda e dagli occhi blu appartiene ad una gente "diversa" e la sua diversità si manifesta nelle facoltà intellettuali superiori e in uno spirito di adattamento alla dura vita delle caverne che farebbe invidia al più navigato troglodita.
La storia è narrata (la voce fuori campo è di Salome Jens) con cadenze da leggenda epica. Il personaggio di Ayla (ariana pura e novella Eva della nascente civiltà) è più volte circondato da un'aura mitica sottolineata da inquadrature luminose e solenni e da situazioni cruciali - il miracoloso salvataggio da bambina, la tenacia a condurre a fine una maternità, la generosa solitudine in cui si chiude quando al termine sa di avere concluso la propria "missione".
Il film si inscrive nel filone delle avventure agli albori del tempo, ma se ne distacca dichiaratamente per uno sforzo di ricostruzione (prei)storica e per il rifiuto di ricorrere ad emozioni spettacolari: nel film non ci sono titanici combattimenti tra uomini e belve, ma al massimo qualche leone, qualche orso e qualche corvo.
Gli attori recitano a mugugni e gesti, l'ambientazione e la fotografia sono curate e la ricostruzione della vita nelle caverne è descritta con probabile verosimiglianza. Ma su tutto aleggia una certa pretenziosità e la storia dell'emancipazione della protagonista da sgambettante bambinella impaurita a donna consapevole di essere guida spirituale di un gruppo, finisce col somigliare a tante altre avventure di eroica maturazione individuale attraverso prove e riti iniziatici che rimandano al folkore delle popolazioni pellerossa nordamericane.
Senza soffermarsi sul legittimo dubbio che le donne preistoriche possano aver avuto il bel viso americano di Daryl Hannah, l'operazione di Chapman fa rimpiangere per molti versi le sfrenate fantasie prodotte dalla Hammer, certamente meno impegnative ed implausibili, ma senza dubbio assai più divertenti.

Michele Burke, addetta al trucco, ha ricevuto un Oscar per La guerra del fuoco.
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