Alla
fine degli anni '50, il cinema italiano scopre l'intrattenimento attraverso
il documentario (tra i primi, e più conosciuti, La
muraglia cinese, Europa di notte).
La formula vorrebbe, nelle intenzioni, riflettere sulle tendenze e sulle
contraddizioni dei nostri tempi, abbozzando - spesso con compiaciuta indulgenza
- una satira di costume.
Il film documentario di Nuzzi si distingue dagli altri racconti di pseudo
cinema-verità per suggerire una ipotetica evoluzione (o meglio
involuzione) della società a seguito di un galoppante sviluppo
tecnologico. Partendo da episodi storici e di attualità ed aggiungendo
sequenze appositamente filmate, Nuzzi parla della imperante disumanizzazione
dell'uomo e profetizza un prossimo futuro nel quale i sentimenti e il
senso critico si arrenderanno alla superiorità delle macchine capaci
non soltanto di trasportarci nello spazio, ma anche di automatizzare il
lavoro fino a renderlo impersonale e di occuparsi del corpo umano come
di uno strumento qualunque da riparare in un laboratorio-officina.
Una
tecnologia, quella paventata dal regista, che significherebbe il "finimondo".
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