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OMICRON
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Produzione:
1963
- Italia, Lux Ultra Vides, col., 102 min. |
Regia:
Ugo Gregoretti
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Sceneggiatura:
Ugo Gregoretti |
Musica:
Piero
Umiliani |
Interpreti:
Renato
Salvatori, Rosemarie Dexter, Gaetano Quartaro, Mara Carisi, Ida Serasini,
Calisto Calisti, Dante Di Pinto, Franco Luzzi, Giuliana Corbellini, Vittorio
Calef, Fausto De Luca
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A Torino, sulla riva del Po, è rinvenuto il
cadavere di Angelo Trabucco, un anonimo operaio. Si sta per effettuare l'autopsia
quando il corpo si rianima e prende a muoversi con scatti meccanici. I medici
pensano ad un caso di catalessi: in realtà, nella persona del defunto
è entrata una creatura extraterrestre, Omicron, proveniente dal pianeta
Ultra per studiare la possibilità di un'invasione della Terra. L'alieno
non ha ancora piena padronanza del corpo umano, ma poiché l'operaio
agli occhi di tutti è vivo, la fabbrica lo reintegra nel posto di
lavoro e i suoi superiori vedono con soddisfazione che riprende a lavorare
con insolito vigore ed efficienza. Per meglio conoscere gli uomini, l'alieno
familiarizza con i compagni di fabbrica tentando di imitarne il comportamento.
In maniera confusa, Trabucco-Omicron sente di dover possedere una ragazza,
Lucia, e di condividere la protesta contro i padroni. Ma l'approccio sentimentale
si trasforma in un tentativo di violenza e l'apprendistato politico in una
involontaria denuncia di coloro che stanno preparando uno sciopero... |
Il film di Gregoretti è un intelligente esempio di cinema militante
mascherato sotto forma di parodia di film di fantascienza. L'umorismo
garbato e misurato smussa, da un lato, le istanze intellettualistiche
del discorso politico, e, dall'altro, dà immediata risonanza ad
una protesta che rivendica all'uomo la dignità di persona. Con
ironia pungente, Gregoretti si diverte a raccontare le disavventure dello
strano protagonista, ma il ritratto di Omicron - creatura invisibile che
diventa un uomo a metà, un corpo che muore per risorgere e per
morire nuovamente - allude alle categorie "dell'essere operaio"
nella società industriale: la scarsa dimestichezza che Omicron
manifesta verso i muscoli che lo rivestono e lo sfasamento tra le sue
intenzioni e gli effetti, dipingono con i colori del grottesco il dramma
di una creatura alienata e mercificata, estraniata da sé, condotta
alla crisi di identità. Simbolica pedina di un insensato processo
di autoriproduzione capitalistico, Omicron si scopre libero soltanto con
la morte quando torna padrone del suo io negato attraverso il rifiuto
e la denuncia.
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A
decenni di distanza, Omicron si rivela opera tematicamente attuale
e interessante testimonianza di un'epoca, spaccato di vita italiana degli
anni '60: l'ambiente della fabbrica con i rumori, le macchine, i turni
di lavoro e con la biblioteca interna - faticoso ponte verso una utopistica
acculturazione - fotografa una condizione vera, un piccolo universo, oggi,
troppo spesso dimenticato o al quale è difficile credere.
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