IL GIGANTE DI METROPOLIS
Produzione: 1961 - Italia, Centroproduzione S.p.A., col., 95 min.
Regia: Umberto Scarpelli
Sceneggiatura: Sabatino Ciuffini, Ambrogio Molteni, Oreste Palella, Emimmo Salvi, Umberto Scarpelli, Gino Stafford
Effetti speciali: Josef Natensen
Musica: Armando Trovajoli
Interpreti: Gordon Mitchell, Bella Cortez, Roldano Lupi, Liana Orfei, Furio Meniconi, Carlo Enrici, Omero Gargano, Marietto, Mario Meniconi, Luigi Moneta, Ugo Sasso, Leopoldo Savona, Carlo Tamberlani, Renato Terra

Un vecchio saggio guida i suoi uomini verso l'inaccessibile Metropolis, regno del despota Yotar. Sopraffatto dalla fatica il vecchio muore e mentre i più decidono di tornare indietro, Obro con i suoi tre fratelli prosegue il cammino intenzionato a condurre a termine la missione a lui affidata: convincere Yotar a desistere dai folli esperimenti scientifici che sta effettuando. Giunti sul confine di Metropolis i quattro vengono avvistati dagli scienziati del re e cadono vittime delle "trappole magnetiche". I vortici magnetici scarnificano tre fratelli ma nulla possono contro il possente fisico di Obro. Fatto prigioniero e condotto al cospetto del re, il giovane gli grida di cessare il cattivo uso che egli fa della scienza. Yotar, colpito dalla resistenza di Obro e già pensando di farne cavia per la creazione dell'uomo perfetto, ordina di sottoporlo ad una serie di prove che fiaccherebbero qualsiasi mortale. Indifferente alle avvisaglie di un imminente cataclisma predettogli dagli scienziati - se Metropolis governa la scienza può ben governare la natura, così egli crede - il tiranno fa proseguire gli studi per trapiantare il cervello del decrepito padre, artificialmente mantenuto in vita, nella testa del figlioletto Elmos: a lui sarebbe così garantita una esistenza eccezionale anche se priva delle gioie dell'infanzia. Il terrore ormai serpeggia nel palazzo: la regina, fallito ogni tentativo di salvare il bambino, si toglie la vita e la principessa Meseda fugge. Riesce a fuggire anche Obro, grazie all'aiuto di Egon - uno dei pochi che sanno ancora opporsi a Yotar - e, finalmente libero, può organizzare la rivolta all'interno di Metropolis. L'annunciato cataclisma chiude l'avventura di Yotar, colpevole di aver violato le leggi della natura e degli dei.

L'azione si svolge nel 2000 a.C. e Metropolis, città depositaria di grande sapere ma corrotta dal suo governante, è parente stretta della mitica Atlantide.
Le scenografie disegnano architetture futuribili con una predominante del motivo circolare: ovali sono gli ingressi nei quali si aprono automaticamente le porte al passaggio delle persone; ovali gli schermi delle macchine che vegliano sulla inviolabilità dei confini; ovali le aperture dalle quali entra la luce del giorno nei laboratori. Ovali sono anche gli accessi alle grotte che ospitano le cripte e i sotterranei della città.
Gli effetti speciali lasciano un po' a desiderare, riducendosi al vortice che atterra i quattro fratelli o al cono di luce colorata che tortura il possente Mitchell. Il maremoto finale che sommerge Metropolis è veramente ben poca cosa: un montaggio di scene separate - inquadrature di un cielo notturno illuminato da lampi e di onde che si frangono sul bagnasciuga - intervallate da comparse che fanno del loro meglio per fingere di annegare tra i flutti.
Il makeup è tipico dei film dell'orrore (corpi immobili dal viso cicatrizzato e imbiancato a significare la vita artificiale) con qualche caduta di tono (quello che doveva essere un gigantesco avversario per Cameron Mitchell sembra un flaccido omaccione dal viso di bambino mascherato in occasione del carnevale, che non farebbe paura a nessuno).

Nel film si parla spesso di scienza - la parola è praticamente sulla bocca di tutti -, ma lo spunto del trapianto del supercervello lascia presto campo all'azione e ai combattimenti corpo a corpo nel rispetto delle regole del peplum. Gordon Mitchell (anche lui parla di scienza doppiato da una voce signorile che fa a pugni con la sua faccia non proprio da intellettuale), interpreta Obro con una certa riluttanza, interessato più che alla credibilità del personaggio, a fare sfoggio della propria muscolatura. Roldano Lupi, più convincente, coperto dalle pesanti vesti e dall'inseparabile casco regale, fa di Yotar un sovrano crudele, implacabile, che solo alla fine prende atto della propria sconfitta, un po' mago un po' scienziato (e anche ipnotizzatore della bella Liana Orfei).
Come in ogni peplum che si rispetti c'è un numero di danza e, in più, un omaggio ad un classico dei kolossal: Obro circondato dal gruppetto di lottatori "pigmei" non può non richiamare alla mente il Sansone di Victor Mature punzecchiato nel tempio dai terribili guerrieri nani nel film di Cecil B. De Mille Sansone e Dalila.

Il tema musicale di Trovajoli stende sulla vicenda una fin troppo opprimente atmosfera carica dei funesti presagi che le sequenze iniziali - la carovana diretta a Metropolis sullo sfondo insistito di desolati pendii di montagne vulcaniche - preannunciano subito allo spettatore.
Il gigante di Metropolis: un titolo con una doppia allusione a
Metropolis e al Colosso di New York (con il quale ha in comune anche lo spunto) per un tentativo originale, ma riuscito solo in parte e preso troppo seriosamente, di innestare nel peplum elementi fantascientifici.

©