THE 27th DAY
Titolo italiano: I VENTISETTE GIORNI DEL PIANETA SIGMA
Produzione: 1957 - USA, Production Companies/Romson/Columbia, b/n, 75 min.
Regia: William Asher
Sceneggiatura: John Mantley dal un suo racconto
Musica: Misha Bakaleinikoff
Interpreti: Gene Barry, Valerie French, George Voskovec, Arnold Moss, Paul Birch, Marie Tsien, Theodore Marcuse, Monty Ash, Walda Winchell, Don Spark, Mark Warren, David Bond, Stefan Schnabel, Azemat Janti, Frederick Ledebur, Ralph Clanton

Un alieno sequestra a bordo di un disco volante cinque persone (un giornalista americano, uno scienziato tedesco, un soldato russo, una ragazza inglese ed una cinese) ed affida a ciascuna un misterioso contenitore che racchiude alcune piccole capsule. Ogni contenitore può essere aperto soltanto dalla forza della mente del possessore. L'extraterrestre spiega di appartenere alla gente di un mondo morente, la quale avrebbe scelto la Terra come seconda patria. L'etica degli alieni vieta loro di uccidere, ma convinti che il genere umano porta in sé il germe della propria distruzione, hanno deciso di affidare il destino dell'umanità a cinque suoi rappresentanti, consegnando l'arma definitiva: ogni capsula infatti può annientare la vita umana in un raggio di 3.000 miglia, senza tuttavia distruggere il pianeta, se il cofanetto che la custodisce viene aperto entro 27 giorni. Trascorso il tempo, o in seguito alla morte di colui che la possiede, l'arma non avrà alcun effetto. Tornati liberi, gli ostaggi avvertono il peso della terribile responsabilità. Nessuno intende scatenare la fine del mondo, ma il soldato russo, sottoposto a tortura da parte dei servizi segreti, è costretto a consegnare la sua capsula ai capi del regime. Quando i russi se ne servono, pensando di sgominare le potenze occidentali, vanno incontro ad una tragica fine: la capsula è programmata per distruggere soltanto chi ne fa uso.

Con un giudizio sbrigativo il film è generalmente archiviato come esempio tra i più plateali di propaganda anticomunista. Considerato nel contesto degli anni '50, il film, in realtà, si avvicina alla bella allegoria di Ultimatum alla Terra. L'interessante e insolito spunto suggerito dallo scrittore John Mantley, per il suo impianto problematico, sembra più adatto ad una rappresentazione sul palcoscenico di un teatro, ma a rendere mediocre il suo adattamento sullo schermo è l'anonima e frettolosa regia di William Ashler che, in obbedienza ai facili meccanismi dello spettacolo, ne stravolge l'assunto drammatico riducendolo ad uno stereotipato confronto tra "buoni" e "cattivi".
Alcune filmografie citano Ray Harryhausen come autore, non accreditato, degli effetti speciali per le scene del disco volante.
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