DESERT LEGION
  
Titolo italiano: LA LEGIONE DEL SAHARA
Produzione: 1953 - USA, Universal, col., 86 min.
Regia: Joseph Pevney
Sceneggiatura: Irving Wallace, Lewis Meltzer dal romanzo "The Demon Caravan" di Georges Arthur Surdez
Musica: Frank Skinner
Interpreti: Alan Ladd, Richard Conte, Arlene Dahl, Akim Tamiroff, Oscar Beregi, Leon Askin, Anthony Caruso, George J. Lewis, Sujata, Asoka
Caduto in un'imboscata, un drappello della Legione Straniera è decimato dai ribelli del fantomatico califfo Omar Ben. Il capitano Paul Lartal (Alan Ladd), unico sopravvissuto, è soccorso dagli uomini della principessa Morjana (Arlene Dahl), destinata a governare la misteriosa città di Madara che si erge tra impervie montagne, ai confini del deserto. Rimarginate le ferite, Lartal - che di Morjana si è innamorato - è ricondotto alla guarnigione, ma quando racconta quanto gli è capitato, i superiori non gli credono e gettano un'ombra sul suo valore di soldato.
Alcuni mesi più tardi, un messaggero di Morjana lo raggiunge esortandolo a portare aiuto alla principessa minacciata dagli intrighi del traditore Crito Damou (Richard Conte) e Lartal, fuggito dal forte insieme ad un fedele compagno (Akim Tamiroff), raggiunge avventurosamente Madara appena in tempo per smascherare nel subdolo Crito il califfo che guida la guerriglia contro i legionari.

Liberamente tratto da un libro di Surdez, La legione del Sahara è un fantasioso intreccio tra film ambientati nella Legione Straniera (un genere ancora molto di moda negli anni '50) e situazioni che richiamano alla mente i romanzi di James Hilton e di Pierre Benoît. Come in Orizzonte perduto, anche in questa pellicola si fantastica di una terra felice nella quale regna sovrana la saggezza in contrapposizione ad una civiltà fondata sull'odio e sulla guerra, e come nei film ispirati alla regina Antinea (da L'Atlantide del 1921 a L'Atlantide del 1992) c'è un protagonista che insegue un amore che né le sabbie del deserto né il dovere o la disciplina militare possono soffocare. Ovviamente, si tratta di spunti superficiali, privi dei risvolti filosofici e drammatici contenuti nei romanzi e risolti in funzione dell'avventura, ma l'operazione è originale e non manca di interesse.

Il cast prestigioso, l'impiego di uno smagliante Technicolor e la brillante regia di Joseph Pevney veicolarono facilmente il film al preventivato successo, specialmente presso il pubblico degli adolescenti.

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