THE LAND UNKNOWN
Titolo italiano: PRIGIONIERI DELL'ANTARTIDE
Produzione: 1957 - USA, Universal, b/n, 78 min.
Regia: Virgil W. Vogel
Sceneggiatura: William N. Robson e Laszlo Gorog da un soggetto di Charles Palmer
Effetti speciali: Roswell A. Hoffmann, Fred Knoth, Orien Ernest, Jack Kevan
Musica: Joseph Gershenson
Interpreti: Jock Mahoney, Shawn Smith (Shirley Patterson), William Reynolds, Henry Brandon, Douglas Kennedy, Phil Harvey
Nel corso di una missione geografica promossa dalla marina americana per l'esplorazione dell'Antartide, l'elicottero X3 incappa in una improvvisa bufera e, urtato da "qualcosa" (...solo gli spettatori vedono che si tratta di uno pterodattilo), è costretto ad un atterraggio di fortuna in una regione sconosciuta. L'equipaggio - tre uomini e una giornalista - si salva e scopre di essere precipitato in un mondo fantastico, probabilmente nell'interno di un cratere a 3000 piedi sotto il livello del mare, incredibilmente fermo ai tempi preistorici. Il clima tropicale favorisce la crescita di una vegetazione lussureggiante e conserva in vita mostri antidiluviani. Gli uomini scoprono anche che lì è sopravvissuto l'unico supersiste di una precedente missione scientifica scomparsa nel nulla. Superando le insidie mortali del luogo e la diffidenza del sopravvissuto che dà segni di squilibrio mentale, il gruppo riuscirà a far ritorno nel mondo civile.
Girato in bianco e nero ma in "cinemascope", il film si colloca - senza grandi pretese - nel filone inaugurato da Il mondo perduto. Come in altri film degli anni '50, l'avventura è inframezzata (e diluita) da spezzoni di documentari che mostrano l'efficienza delle forze armate americane, ma i trucchi che servono a raccontare la "bocca dell'inferno" sono elementari e poco plausibili. Il paesaggio è visibilmente un fondale dipinto (gli sbuffi di vapore che circondano i piedi dei protagonisti servono in parte a correggere i difetti della prospettiva); il serpente marino è chiaramente di cartapesta e il goffo tirannosauro (nonostante il primissimo piano del muso abbia un certo realismo) è un figurante travestito da mostro. Per contrasto, le scene dei due lucertoloni che lottano stonano con tutto il resto, ma, in definitiva, la storia è piacevole perché riscattata dalla presenza dell'inselvatichito dottor Hunter (l'attore Henry Brandon). Vissuto per dieci anni in quella terra dimenticata da Dio, egli è rimasto vivo per forza di volontà, astuzia e intelligenza. Sa difendersi dai mostri producendo da una grossa conchiglia un suono che li atterrisce e per premunirsi dagli animali più pericolosi ha preso l'abitudine di distruggerne a colpi di mazza le uova. E' comprensibile che quando vede la donna (una Shawn Smith graziosamente accaldata e urlante), pensi a tenerla per sé offrendo ai tre piloti il ricambio necessario per riparare l'elicottero, ma poiché è pur sempre uno scienziato, lascia che la generosità alla fine prevalga sull'istinto. Il premio che gli spetta non è l'amore della ragazza (che gli preferisce il granitico Jock Mahoney), ma la riabilitazione e il ritorno nel mondo degli uomini.
Alcune filmografie riportano i nomi di Henry Mancini e di Herman Stein come autori, non accreditati, della colonna sonora.
In Francia è stato distribuito con il bel titolo L'oasis des tempêtes.
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